sabato 31 luglio 2010

Giorno 14

Sveglia all’alba e, dopo esserci congedati dal simpaticisssssimo gestore indiano (no, non indiano d’america, indiano d’india), i cui genitori possano morire e reincarnarsi in due scrofe, pieno di benzina (“Last gas stop for next 200 miles”!!) e partenza in direzione Monument Valley.

Da qui in poi effettivamente la civiltà finisce: nemmeno un baracchino per la strada, niente di niente. Ma lo spettacolo vale la strada. Credetemi, per quante foto e quanti video io abbia potuto fare, non rendono neanche minimamente quello che abbiamo davanti. I canyon e i torrioni, scavati dall’acqua che non c’è più, deserto in un raggio di 500km, non un’anima viva in giro.

Ogni angolo di strada è uno spettacolo e ci fermiamo ogni cinque minuti a scattare foto. E finalmente arriviamo sotto i torrioni. Ed è ancora più bello, se si può fare una scala. New York, Liberty Island, Washington, le cascate in canada, NIENTE è paragonabile a questo.

Ci spingiamo fin dove puo’ arrivare la macchina e poi proseguiamo a piedi. No, niente sentieri, visto che tanto dobbiamo andare a piedi decidiamo di tagliare in mezzo al deserto.
Passano i chilometri sotto il sole e la strada comincia a farsi sempre più impervia. Prima roccia piatta, poi un lungo tratto di dune sabbiose, l’ultimo tratto è tutto in salita. Per arrivare dal punto in cui abbiamo lasciato la macchina alla base del Mitten Butte ci sono a occhio e croce 5-6 chilometri, a metà strada verso abbiamo già finito l’acqua. L’altezza del posto di certo non aiuta: anche se non sembra siamo su un altipiano a 2000 metri, e si fa più fatica del normale.

Ma riuscire ad arrivare fin sotto e toccare con mano quello che hai visto da lontano nelle ultime 100 miglia di strada ti dà la sensazione di aver compiuto un’impresa degna di nota. Il sole scotta parecchio, ma poteva anche bruciare: guardate questo video e ditemi se non ne valeva la pena (e che lo spirito di Mauro Repetto mi perdoni). E’ uno dei posti che ho sempre voluto visitare, e forse adesso capisco che sia l’unico sul pianeta che merita tanto. Ci siamo solo noi tre in questo deserto: nessun altro turista, niente di niente per centinaia di chilometri, finchè si riesce a guardare all’orizzonte. Solo due cani del deserto. (Cos’è che mangiano QUI?? Spero le capre che abbiamo visto prima...)

Dopo questa esperienza tutto il resto mi sembrerà merda. Tutta la West Coast. Nulla mi può smuovere. Se dovete scegliere un’ultima cosa da fare nella vostra misera esistenza, venite qui. E fatela a piedi. Scoprirete che fino a quel momento avete solo perso tempo.

Nota di colore: quando ci siamo girati per tornare indietro abbiamo leggermente sbagliato la valutazione della direzione della macchina. Così i chilometri nel deserto sono diventati tipo 14-15… se non altro mi sono abbronzato…

A mezzogiorno con il sole a picco ripartiamo in direzione Grand Canyon, con breve deviazione verso un’inutile antico pueblo indiano. Questo ci fa perdere un po’ di tempo e arriviamo al Grand Canyon che sono già le sei. Entriamo, e come se non bastasse si mette a piovere. Decidiamo quindi di spostarci per cercare un alloggio. Stasera posso andare a dormire con la sensazione di aver visto tutto quello che dovevo vedere.


Km percorsi oggi: 424
Km totali: 6.722
Luogo: Tusayan, AZ

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Virginia, Maryland, Ontario(CAN), Ohio, Kentucky, Indiana, Tennessee, Arkansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Colorado, Utah, Arizona

venerdì 30 luglio 2010

Giorno 13

Ci svegliamo il prima possibile, per limitare al massimo la nostra permanenza in questo posto che puzza di retro di ristorante indiano.

Si parte alla volta di un paesino vicino Denver, dove si trovano la tomba e il museo di quel coglione di Buffalo Bill. Mai potuto sopportare. Dopo aver regalato ai locali i miei consueti 5$ ci spostiamo verso la prossima meta, cioè più vicino possibile alla monument valley.
Perché siamo venuti a fare questo giro assurdo quando invece bastava girare a sinistra in New Mexico? Perché dicono che la strada che si fa per arrivare a sud dal colorado merita questa deviazione di 1000km. Mi sembra una cazzata.

Man mano che proseguiamo però devo ammettere che è vero: un paesaggio così credo che non esista da nessuna parte al mondo. E le foto che ho fatto non rendono giustizia.

Lo stop è in un motel a 100km dalla monument valley. In un paese desolato. E la domanda è: ma che lavoro fa sta gente che non c’è niente nel raggio di 300km? Qui non puoi neanche fare il contadino: su questa terra qui ci crescono solo le erbacce, quando va bene.

Km percorsi oggi: 1.045
Km totali: 6.298
Luogo: Blanding, UT

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Virginia, Maryland, Ontario(CAN), Ohio, Kentucky, Indiana, Tennessee, Arkansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Colorado, Utah

giovedì 29 luglio 2010

Giorno 12

Non lo so. Qua la gente è davvero particolare.
Ci chiedono da dove veniamo, - Italia - rispondiamo. - Ah, stranieri. – Sì, stiamo cercando di arrivare a Los angeles.
Fanno tutti una faccia strana. Quella faccia che non hanno alba di cosa abbiamo detto e per non fare brutta figura stanno zitti. Non sanno dove sia Los Angeles!
Questa gente non si è mai mossa di qui. Non hanno mai visto il mare, non sanno cosa sia, non lo concepiscono come idea. Questa gente è sempre rimasta qui, vivendo di agricoltura e vendendo i prodotti ai viaggiatori, ma non si sono mai chiesti dove cavolo andasse tutta questa gente o perché lo facesse. Sanno che ci passa la gente, che gli porta dei soldi, e questo è sufficiente. Per questa gente la Route 66 non è un sistema per viaggiare. E’ un posto dove stare fermi. Nascono, vivono e tirano le cuoia qui. Abbastanza triste.

Texas. L’erba sta cominciando a lasciare il posto a sabbia e terra rossa, gli alberi si abbassano finchè diventano cespugli. Ci fermiamo all’unica cosa da vedere che puo’ offrire un posto così desolato: le macchine piantate nel terreno del cosiddetto ‘Cadillac Ranch’ ad Amarillo. Che vi assicuro, stanno veramente nel niente. Non so come abbiamo fatto a trovarlo: qui non esiste indirizzo.

“Hereford: capitale del manzo”. Comincio a sentirmi male. Un tanfo allucinante!!!!!! Credetemi, io non ho mai sentito una puzza di marcio, merda e fertilizzante così costante e penetrante. Oltre che la nausea mi è venuto perfino mal di testa da tanto questo odore ti entra dentro.

Svolta verso sud, verso Roswell. Ci avanzano tre ore per fare 400km, ma qui non è più autostrada: siamo sulla statale 60, direzione Messico. Accidenti, solo quattro giorni fa eravamo in canada!
Momenti di panico quando ci accorgiamo che la macchina che abbiamo in lontananza davanti a noi è una volante di un texas ranger. No, non walker. E difatti non ci ferma, anzi, si butta sull’erba (!) e parte nell’altra direzione. Meglio per noi.

Il paesaggio è veramente da suicidio, almeno prima ogni tanto c’era qualche collinetta, ora è solo terreno piatto e brullo, non si vede nessuna costruzione fino all’orizzonte, almeno 300 chilometri.
Nota di colore, nonostante le dimensioni siano immense, la prateria è sempre recintata: qui la proprietà privata è sacra, anche se dentro non c’è assolutamente niente.

Il museo del piffero di Roswell chiude alle 5. Più o meno l’ora in cui ci aspettiamo di arrivare. E questa è una cosa brutta ma brutta brutta, perché vuol dire perdere mezza giornata di viaggio, attendere inutilmente che venga sera ma soprattutto dormire QUI. Cosa che cercherei di evitare a tutti i costi.
Siamo nel niente, solo noi per la strada. Cominciamo quindi a pestare un po’ sull’acceleratore. Recuperiamo bene, ma a salvarci è qualcosa che non avevamo considerato: il New Mexico sta nel Mountain Time Zone e quindi guadagnamo un’ora intera!

Comincia a piovere. E qui capiamo di essere vicini a i pozzi di petrolio. Quando piove, cade un odore intenso di super, che neanche quando a Genova sono passato vicino alle raffinerie della Erg. La stessa acqua è un po’… strana. Tende a scivolare via dal vetro molto più facilmente. Lo ha perfino sgrassato dalle cagate di piccione.

Roswell, finalmente. L’espressione di come si puo’ rovinare un paesino con la merda. Insegne con alieni dovunque, così, a caso, anche in una fioreria. E poi… niente. Siamo venuti fin qui perché Chiarcos è un fan dell’argomento. Pago i miei 5 dollari di ingresso, chiedo dov’è il gabinetto, espleto le mie funzioni corporali ed esco. La pisciata più costosa della mia vita.

Mentre sono fuori, comincio a pensare che, con un piccolo sforzo, in un paio d’ore siamo in Messico. Ma mi rendo anche conto che, a parte altro deserto, non dev’esserci granchè neanche di là. Solo miseria come qui. E questa è la ricca america.

Dopo mezz’ora di attesa fuori (che se stavo dentro spaccavo tutto e non è il caso), escono anche gli altri due. Chi sorridente, chi no. Comunque we saved the day, e possiamo ripartire verso nord ancora una volta. Ormai comincio ad abituarmi al deserto.

Dai che siamo belli, dai che siamo giovani e riattraversiamo ancora una volta tutto il New Mexico. Temporale atomico compreso. Tra una cosa e l’altra (l’acqua che costa cinque volte più della benzina, la gente che ci guarda storto perchè siamo targati Massachussets, Daniele che fa amicizia con i locali...) ci ritroviamo in Colorado.
E' ora di dormire...


Km percorsi oggi: 1231
Km totali: 5238
Luogo: Walsenburg, CO

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Virginia, Maryland, Ontario(CAN), Ohio, Kentucky, Indiana, Tennessee, Arkansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Colorado

mercoledì 28 luglio 2010

Giorno 11

Ci svegliamo un po’ demoralizzati, consci che le prossime 3-4 giornate saranno passate quasi completamente in macchina.
Andiamo a visitare l’unica cosa che puo’ offrire Memphis: la villa di Graceland, la casa di Elvis.
Mai visto qualcosa di così pessimo gusto. Kitsch in una maniera assurda, tappeti moquette e tendaggi dovunque, pavimenti e soffitti compresi, specchi ogni 2x3, e via di questo passo.
Comunque, mi aspettavo dimensioni esagerate americane, invece è una casa tutto sommato piccola. E’ solo arredata male, ecco.

Verso le 11 si riparte e via che si va, e appena usciamo da Memphis superiamo il Mississippi: anche qui diciamo che potrebbe assomigliare tipo al torre, ma con tanta più acqua. Ormai niente mi puo’ stupire. Specialmente dopo aver visto per strada un tizio che ha deciso di riparare lo sportelletto della benzina, un po’ ballerino, INCHIODANDOLO con un asse alla fiancata della macchina. Che fa il paio con quello che andava in giro tranquillamente con la marmitta per terra. E quello che stava aspettando la buca giusta per far staccare il paraurti dietro.

La nostra direzione attualmente è da qualche parte dopo Oklahoma City. Città famosa per un bel niente. Anzi no, nel ’95 un ex-marine ha fatto esplodere tre palazzi con un’autobomba di fertilizzante. Per qualcosa bisogna pur essere famosi.

Man mano che procediamo il paesaggio si modifica verso qualcosa di più rurale e meno cittadino. In giro si vedono solo vecchi col pickup e camion, per la strada gli alberi lasciano il posto a balle di fieno e vacche. Del resto, non manca molto per arrivare in Texas, e come ci rigorda il tenero Maggiore Hartman in Texas nascono solo due cose: i tori e le checche. Quando ci fermiamo in un’uscita della freeway I40 per fare benzina, apriamo la porta e ci accoglie una penetrante zaffata di stallatico. Odore di merda, per dirla. Ecco l’essenza dell’Oklahoma.

Questo aggiornamento vi arriva un po’ in ritardo, perché qua comincia a non funzionare niente. Non c’è una grande copertura. Ai veri texani non serve, il cellulare. Prendono un indiano e gli fanno scrivere un segnale di fumo.

Se non altro mi consola guardare la cartina e vedere dove siamo arrivati!

martedì 27 luglio 2010

Giorno 10

Ci svegliamo vivi dall’Overlook Hotel. Ripartiamo quindi subito per il sud.
La tappa di oggi si prospetta essere uno spostamento senza tante emozioni, dato che stiamo entrando nel niente.
Non è che sia particolarmente caldo, ma l’afa è davvero opprimente. Per quanto possibile si cerca quindi di stare in macchina. La meta di metà giornata sta a 500 km di viaggio: destinazione Lynchburg (361 anime), sede della Jack Daniels Distilleries.
Per la strada pian piano il paesaggio comincia a cambiare. Via i guard rail. Via i lampioni. Via il divisorio tra i sensi di marcia. In compenso più copertoni abbandonati da schivare.

Arriviamo all’una e mezza del pomeriggio, in leggero anticipo. Saliamo subito sul pulmino del tour e da soleggiato che era si scatena IL DILUVIO UNIVERSALE. La guida dice tour rimandato, perché la prima tappa è all’esterno. Quando alle tre e mezza siamo ancora lì e la pioggia anche, comincio a pensare che gli americani hanno qualcosa che non vanno. Non sono pronti agli imprevisti. Se il loro piano prevede tot è tot, cascasse il mondo, e non è ammissibile far vedere alla gente solo le parti interne saltando la prima, inutile, tappa esterna.

Detto questo, dato che come italiani il buon senso ce l’abbiamo ancora, ce ne andiamo e ripartiamo, stavolta direzione Memphis.

Il maltempo ci perseguita: perdiamo delle ore in autostrada a 40 all’ora perché non si vede assolutamente niente, che neanche nelle serate di nebbia più fitta non mi è capitata. A un certo punto attimo di panico quando acqua a carriole, un boato assurdo e ZAM! un fulmine si scarica a non più di 20 metri in parte alla macchina!
Se non altro il ritardo viene recuperato perché siamo appena entrati nel Central Time Zone, e abbiamo tirato indietro l’orologio di un’ora.

A 20 km da Memphis ci fermiamo e prendiamo una camera in un motel.
MAI PIU’. Non posto le foto per decenza.

Il meteo alla radio recita di dighe saltate e disastri per millemila miliardi nelle zone che ci siamo lasciati alle spalle, sembra che il temporale sia stato effettivamente forte.
Guardiamo il TG: era un tornado! Dietro Nashville!!
Col culo che abbiamo sono sicuo che ADESSO piove da matti e appena entriamo nel deserto sole senza sconti.


Km percorsi oggi: 900
Km totali: 3100
Luogo: Memphis, TN

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Virginia Maryland, Ontario(CAN), Ohio, Kentucky, Indiana, Tennessee

lunedì 26 luglio 2010

Giorno 9

Il risveglio è sempre più difficile. Attendo solo di arrivare a Las Vegas, che è la meta più vicina in cui abbiamo più di una giornata di stop, così mi posso prendere una 24 ore di dormita. Piccolo problema: mancano ancora un 5000km…

Non vado neanche a fare colazione che tanto è inutile, metto due banane in zaino e partiamo verso le cascate. Tempo un’ora siamo là. Si capisce dove siano già da lontano, che il fiume butta giù tanta di quell’acqua che viene sollevata una nube di vapore modello fungo atomico che si vede da chilometri.

Lo spettacolo è decisamente interessante, per essere mattina, peccato solo per il tempo nuvoloso che non accenna a migliorare. Mettiamola così, è come essere sul tagliamento, ma con più acqua e più cascata. Dopo aver pagato il parcheggio più caro della storia (20$!! La prossima volta mi faccio mettere la multa che mi conviene) abbandoniamo la rinomata celeberrima stupefacente ospitalità canadese (affanculo, và) per tornare negli States che contano. Se non altro un punto a favore del canada c’è: usano km/h e litri al posto di mph e galloni.

Tornati di là il tempo sembra confermare che sì, dobbiamo stare di qua: appena passato il ponte viene fuori un sole che mai. E qui capisco il potere della pubblicità. Son tutti che dicono che le cascate si vedono meglio lato canada, ma qui 1) abbiamo trovato parcheggio gratis 2) c’è un ponte sospeso sul vuoto e un ascensore che per 1$ ti porta fin sotto 3) sei decisamente molto più vicino.
Nei 20 secondi di ascensore, facciamo subito amicizia con l’ascensorista, o per meglio dire LUI fa amicizia con noi “Hi guys, myyy frieeeends, i’m gonna take you down, down, doooown and then up, up and down! Heeeeeyyy, itaaalia!”. La droga fa male ai neri di mattina…

Dopo le foto di rito (che ce le siamo fatte da noi, che gli americani hanno ampiamente dimostrato di avere tutti costantemente un senso dell’inquadratura come io mi intendo di astrofisica gamma) si riparte direzione sud, destinazione dintorni di Nashville. Piccola deviazione per entrare a Cleveland a vedere lo stadio degli sfigatissimi Indians (che ricordiamolo non vincono un campionato da 49 anni). Ricky Vaughn non c’era. Neanche Cerrano. Peccato.

Riprendiamo la marcia verso sud non prima di esserci fermati in un autogrill per fare acqua. Manovra che non riesce perché c’è un bambino di 6 anni che è in bagno da un quarto d’ora e dai rumori che si sentono ne ha ancora per un bel po’. Alla fine sarà stato dentro mezz’ora! E’ piccolo, ma ne fa tanta ah… Comunque, vado dietro un camion con fare sospetto e nel raggio di 28km in ogni finestra c’è qualcuno che mi guarda. Prima che arrivi la polizia e mi arresti per concimazione non autorizzata, andiamo via.
Ah, non vi preoccupate, il bambino è uscito dal gabinetto. Nero (di pelle), sbiancato (per lo sforzo della creazione), ma soddisfatto del prodotto, anche se ancora provato dall’esperienza.

Guardiamo la cartina e decidiamo di dirigerci verso Daytona, così per dare un occhio anche al circuito della Nascar. Fortunatamente dopo 20 minuti cambiamo rotta evitando di fare la figura di merda più grande della storia: Daytona quella-del-circuito non è questa qui in Ohio, ma sta in Florida! Diobono, anche gli americani! Sempre gli stessi nomi di città in tutti gli stati! Prima siamo passati vicino Parma e Verona!! E meno male che ci siamo accorti in tempo, già mi immagino la scena: “Scusi signora, dovè lo speedway di Daytona?” “Eh, prendete la statale e andate dritti per 3000 km…”

Dopo un bel po’ di strada è ora di fermarci per mangiare qualcosa. Entriamo al “Wendy’s”, attratti dall’insegna “original hamburgers”. -35° dentro. Un odore penetrante di blave e fen. Mosche sul soffitto della cucina. Fino a che punto sono “original” questi hamburger? Con la scusa che abbiamo aspettato troppo in coda andiamo via e entriamo in un Burger King. E qui incontro la mia nemesi.
Nota mentale #1: MAI e ripeto MAI prendere qualcosa che non conosci. DR. PEPPER: segnatevi questo nome. Dici, il colore è quello, sarà un terzo tipo oltre a coca e pepsi. E invece no: è coca dolcissima mescolata con uno sciroppo denso di ciliegia. Frizzante. Bisogna essere davvero rincoglioniti per bere di gusto una cosa del genere.

Mangio facendo bocjatis, butto via l’orrida miscela, e ripartiamo: altri 100km, dai. L'autostrada comincia a cambiare. Le buche e i copertoni abbandonati aumentano. A un certo punto non c'è più neanche un lampione. Niente guard rail. Niente di niente. Che autostrada è??
Comunque, ci fermiamo in un motel sulla strada. Sembra l’Overlook Hotel di Shining, con tanto di vecchia mezza pazza. E no, non abbiamo la stanza 237.

Domani indagherò meglio.
Buongiorno ai miei 25 lettori europei. E buonanotte a me.


Km percorsi oggi: 900
Km totali: 2200
Luogo: Sparta, KY

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Maryland, Ontario(CAN), Ohio, Kentucky

domenica 25 luglio 2010

Giorno 8

Giorno 8

Quanto ho dormito stanotte? Credo 4 ore… ci svegliamo prima del sole per andare a prendere i biglietti per l’obelisco prima che finiscano, non facciamo neanche colazione e usciamo. Alle 7:30 ci sono già 34° fuori! Arriviamo in centro e cerchiamo la biglietteria. Già da lontano capiamo dov’è. Dove c’è una fila immensa! Quando arriva il nostro turno i primi biglietti avanzati sono per la salita di mezzogiorno! Decidiamo quindi di spostarci e andare a fare due foto sotto la statua dei marines che alzano la bandiera (notare il senso della fotografia degli americani. Chiedi una foto a un giapponese e te la fa perfetta, chiedila a un americano e te la fa tagliando le cose importanti!). Dato che sono passate da poco le 11 e che in fin dei conti la tappa di oggi si prospetta piuttosto ciccia, abbandoniamo il Tex e la salita all’obelisco e montiamo in macchina.

Quasi 900 km ci separano dalla nostra meta di oggi, e questo ci dà il tempo di riflettere su alcuni punti importanti. Per esempio perché l’autogrill di prima era A SINISTRA (e quindi con uscita sulla corsia più veloce dell’autostrada)? Da notare lo stato PIETOSO delle autostrade statunitensi. Piene di buche e con copertoni e cadaveri di bestie dovunque. Che se non stavo attento prima demolivamo la macchina: un sacco bello grosso pieno di non so cosa in mezzo alla corsia più veloce! Per schivarlo io e la macchina davanti ci siamo buttati a mezzo sull’erba. E ha funzionato.

Per la strada, traffico intenso ma scorrevole. Da dire che qua si sorpassa sia a destra che a sinistra, oltre che a svoltare a destra col rosso, e spesso capita che ti trovi due pirloni, sulle due corsie, alla stessa velocità che bloccano il traffico, quindi anche volendo non puoi spingere più di tanto. Che, poi, anche volendo, il nostro mezzo mi sembra parecchio musso. In sesta non tira (anzi, decelera perché non ce la fa!). In quinta non tira. In quarta vagamente. Seriamente, le macchine americane sono davvero pietose. 4000 benzina, consuma come un dragster e non-si-muove. Se a questi gli dai una punto 1.2 multijet fanno festa un mese!

Ci fermiamo a un autogrill (finalmente! Ci sono tratti dove per 200km non c’è NIENTE, e se devi fare benzina sei semplicemente cagato) e qui comincio a chiedermi cosa c’è che non va nelle nostre facce. Ci hanno chiesto la carta d’identità praticamente dovunque. Daniele che chiede un pacchetto di sigarette, io che prendo un gratta e vinci, noi quattro Tex compreso che ordiniamo da bere ieri sera. Evidentemente per gli standard fisionomici americani dobbiamo dimostrare tutti e tre 15 anni… per fare benzina mi hanno chiesto la patente perché “doveva controllare se avevo 16 anni”!
Da segnalare il sistema antischizzo che hanno installato nei pisciatoi a muro: sopra la classica griglia, una porta da calcio con appesa alla traversa un pallone, e uno deve cercare di fare gol usando il getto.

Gira che ti gira (l’ho già detto che questa macchina beve come una spugna?), dopo 8 ore di viaggio abbiamo attraversato tutto il Maryland e finalmente rientriamo nello stato di New York, destinazione Niagara Falls. Ci avviciniamo al paese cercando una sistemazione per la notte e… surprise! Non si trova un motel neanche a pagarlo oro! O meglio ce n’è uno che ha ancora una stanza… a 300$ a notte. Meglio evitare. Cosa facciamo? Andiamo avanti, andiamo avanti… e va a finire che sbordiamo in canada!!

Un altro timbro si aggiunge al passaporto e dopo mezz’ora abbondante di coda entriamo in territorio canadese. L’hotel che abbiamo prenotato sta a circa 30 km oltre il confine, arriviamo tardi ma soddisfatti e… surprise! Nonostante la prenotazione NON CI SONO CAMERE libere, perché il sito ha fatto casotto!
Ci facciamo dare un accesso a internet (almeno quello ah!) e cerchiamo un altro posto, impresa abbastanza difficile dato che tutti i posti ma proprio tutti sono al completo (ci dev’essere un concerto multiplo nella zona U2-IRON MAIDEN-AC/DC domani mattina, altrimenti non si spiega). Troviamo e prenotiamo un altro hotel libero (il cellulare non prende più in canada e da una cabina telefonica le interurbane vengono 3,75$ al minuto!!) che però sta ancora 60 km più in là (ma poi interurbane di cosa?? Per 60km??).

Ripartiamo cenando in macchina (Yeah! Un Subway in Canada che tiene aperto fino a mezzanotte!) e alla fine arriviamo poco dopo mezzanotte in questo posto sperduto in mezzo alla siberia. Attimi di panico perché anche qui il portinaro comincia col dire che “Ah no, non mi è arrivata la prenotazione” ma poi si riprende e ci dà la camera.

Ora, è l’una, e questa giornata può dirsi conclusa. Per domani non lo so, riuscire a tornare in territorio USA e fare un po’ di strada sarebbe già una grande conquista.

Km percorsi oggi: 900
Km totali: 1250
Luogo: Burlington, ON (CAN)

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Maryland, Ontario(CAN)

sabato 24 luglio 2010

Giorno 7

Mi risveglio con lo stomaco montato al contrario. Dev’essere stato il panino polpette pomodoro e parmigiano che ho mangiato ieri a Philadelphia. E scusate l’allitterazione. Comunque, andiamo a fare colazione e cerco di risistemare gli interni con uno shock di zuccheri: pancake con salsa di fragole. Solo che agli americani che ci precedono il pancake viene perfetto, il nostro, una volta aperto il marchingegno, è più una forma informe molliccia. Segno che oggi sarà una giornata difficile.
Infatti usciamo e fuori ci sono 40° all’ombra. E quando arriviamo nel centro di Washington ci accorgiamo che NON C’E’ OMBRA.
Sbagliamo strada quelle 7-8 volte e alla fine decidiamo di andare nel cimitero commemorativo di Arlington. Avete presente quello con una pletora di tombe tutte uguali che si vede nei film? Ecco, quello lì. E qui si capisce perché gli americani non hanno futuro. Attraverso la strada DUE metri fuori dalle strisce pedonali e una guardia mi cazzia. Poco più in là, altre maledizioni perché sono uscito dalle strisce pedonali andando in diagonale nella direzione del marciapiede. E le strisce attraversavano un tratto di strada CHIUSA AL TRAFFICO. E c’eravamo solo noi tre. E guarda caso erano due neri. Io capisco tutto, ma fare o far fare le cose senza chiederti perché lo stai facendo, mi chiedo come torni a casa la sera. Boh. Comunque, l’andata su per le colline è tragico, ma il ritorno in macchina è devastante. Più il tempo passa e più la temperatura aumenta.
Prima di pranzo riusciamo a fare anche un giretto al pentagono, lì vicino, dove parto con una riflessione sul perché il loro sistema di intelligence abia fallito più di qualche volta. Non si possono fare foto da lontano al pentagono perché potresti essere un terrorista (…) ma se ti avvicini a piedi c’è un’area in cui c’è scritto che PUOI fare foto. Tralaltro, se fai il giro attorno in macchina, puoi fare quello che vuoi nel tuo automezzo. E allora?
Lasciamo questo posto per andare in centro. Giriamo per trovare un parcheggio (benedetto clima!) e finalmente riusciamo ad avvicinarci al Lincoln Memorial, praticamente dove fanno le proclamazioni dei presidenti. La temperatura è sempre più critica: un termometro segnava circa 114°F al sole (circa 46°C), e adesso se ne sentono decisamente di più. I venditori ambulanti di acqua se ne approfittano e ritoccano i prezzi (2,05$? Dove vuoi che ti vada a prendere i 5cent??). Noi andiamo avanti più che altro per inerzia, dato che il caldo ci ha fatto passare la fame a tutti e tre. Alle 3 circa riusciamo a essere sotto il monumento ai costruttori di meridiane (o almeno credo che l’obelisco serva a quello) e chiediamo per i biglietti. Che, essendo gratis, sono stati leccati tutti la mattina e non si possono acquistare oggi per domani.
Dopo aver preso un po’ di ombra (sto assumendo un colore preoccupante) ripartiamo e dopo un po’ raggiungiamo la casa bianca. E finalmente. La maglia che ho addosso è da vulcanizzare (diobono l’avevo appena comprata) e siccome siamo abbastanza vergognosamente sudati ci tengono a un miglio dalla porta. Loro e il terrorismo! Questo la dice lunga su quanto funzioni la CIA. Da notare il cecchino sul tetto. Prima di scoprore che qualcuno di noi ha brufolo rosso che gira in mezzo agli occhi decidiamo di andare via. Da notare che davanti alla casa bianca non c'è qualche monumento particolare ma l'orto di Obama. Voglio vederlo, la domenica in ciabatte a sticcare nell'orto.

Altra scarpinata per raggiungere la metro, e si arriva al campidoglio, sede del congresso. (Tralaltro, la metro di Washington è una delle cose più brutte e malfatte che abbia mai visto). Mi guardo in uno specchio: sono diventato un marocchino. Mentre siamo al campidoglio mi chiama il Tex: è arrivato a Washington! Ci dirigiamo nuovamente verso la macchina e lo troviamo. Convenevoli di rito e andiamo a cercare un posto per la notte.
Ne troviamo uno a buon prezzo fuori Washington ma non lo prenotiamo via internet, vuoi mai che non ci accettino data l’ora tarda. Quindi andiamo direttamente là. E qui mi si disfacciono i coglioni.
Fammi capire, tu, americano, cerchi di fregare un italiano? Ma quando mai? “Sorry, ma non ci sono camere da 4, men che meno a quel prezzo che avete visto voi. Posso darvi due doppie presidential al doppio del prezzo” “Sicomeno. Ciao” Usciamo dall’hotel, ci connettiamo alla SUA rete wifi, prenotiamo pagando online e rientriamo con un sorriso a 32 denti. “Guarda, ora abbiamo una prenotazione” “Aah, ma allora avevate la prenotazione, sapete, le camere erano finite” …non stiamo neanche a spiegargli che la prenotazione l’abbiamo fatta dopo che siamo usciti che non riuscirebbe a capire la figura di merda che ha appena fatto.
Riesco a scollarmi di dosso la maglietta, che ormai era diventata una seconda pelle, e vado sotto una meritata doccia fredda.Poi che dire, la serata si conclude con una cena in un fast food dove ci porta il Tex. Sì, si mangia bene, il posto non è male. E ANCHE LE CAMERIERE.

Km percorsi oggi: 30
Km totali: 350
Luogo: Washington, DC

Stati attraversati: New York, New Jersey, Pennsylvania, Delaware, District of Columbia, Maryland

venerdì 23 luglio 2010

Giorno 6

E' arrivato il giorno della partenza. Ci svegliamo prima del sole con quella di partire abbondantemente presto ma, l'unica cosa che otteniamo è quella di farci fregare meglio da un tassista indiano. Che avrei anche voluto stare a questionare, ma siccome tempo non ne abbiamo, si paga e si va via.
L'ho già detto che gli americani mi danno poca fiducia? All'agenzia di autonoleggio stanno UN'ORA per trovare che macchine hanno a disposizione e DOVE le hanno messe. Non male. Scegliamo il mezzo (una Chevrolet Malibu che beve come un cammello) e partiamo prima di perdere altro tempo. Detto fatto, e il cellulare mi abbandona: niente più connessione. Bene.
Mentre cerco di trovare una soluzione, siamo già usciti da New York, abbiamo attraversato il New Jersey e siamo arrivati a Philadelphia, in Pennsylvania. Che, come posto, è decisamente curioso: prezzi bassi nei negozi ma i parcheggi si pagano CARISSIMI. Perfino negli hotel! Mentre pensiamo a dove alloggiare, andiamo a vedere il museo dell'indipendenza, dove hanno firmato la dichiarazione. Quattro stanze piene di polvere con un sacco di sedie tarlate. E non c'era neanche il foglio originale: c'era un POSTER.
Dopo questa interessante esperienza (ecco perchè si entrava gratis) decidiamo di andare a fare quello per cui siamo venuti qua. Come poteva mancare il video?Dopo aver dato prova del grande allenamento fisico che mi porto dietro, e aver dimostrato a tutti che Rocky mi fa un baffo, entriamo a contatto con l'umorismo locale.
Museo delle belle arti: "E' aperto il museo?" "Sì" (pausa di riflessione di un paio di minuti) "Ma chiude fra 5 minuti". E cosa mi dici di si allora?? Museo di Benjamin Franklyn: "E' aperto il museo?" ...il resto lo conoscete. (Tralaltro, un museo che chiude alle 4? A che ora ha aperto? Alle 5 di mattina??)
Comunque, il programma prevede pernottamento in Phila. Ma, considerando i prezzi folli dei parcheggi (che si sta 5 minuti solo a capire se PUOI parcheggiare o no, tanto sono incasinati i cartelli), e il fatto che non siamo stanchi, che facciamo? Riprendiamo la macchina e ci dirigiamo verso Washington! Verso le 10 entriamo in Delaware e ci fermiamo a una ventina di km dal punto di arrivo. Troviamo un hotel (con internet! ehvai) e andiamo in camera che domani arriva il Tex..

Giorno: 6
Stati attraversati: 4
Km percorsi: 350

giovedì 22 luglio 2010

Giorno 5

Ultimo giorno per noi, a New York. Domani finalmente si parte! Dormirò stanotte? Decisamente si, dato che sono abbastanza in arretrato. La giornata non prevede niente di particolare dato che nei primi tre giorni ci siamo letteralmente sfondati di strada; come prima cosa quindi si va al museo di storia naturale, quello del film, per intenderci.
Devo dire che è davvero grande, dato che quando usciamo è già l'una e mezza. Quattro piani, pieni in ogni angolo di esposizioni e bambini neri che urlano e sbattono i sassi dappertutto. Un casino infernale. E per dirla come il telespettatore medio di telefriuli: ma i genitori dove è che sono i genitori?? C'erano anche i giapponesi, ovviamente, ma altrettanto ovviamente se ne stavano in rispettoso silenzio. Sono ninja, loro.
Usciamo sotto un sole che spacca le pietre e andiamo a farci un giretto nel castello in mezzo a Central park. Che si sa, quando si va a vedere un parco il primo giorno, capita di dimenticarsi UN CASTELLO dentro il parco. Nonostante le foto già fatte, un l'inquadratura del genere merita un'altro click.
Dopo un lauto pasto da un ambulante (credo che il 98% dei newyorkesi vada dagli ambulanti: sono gli unici generi commestibili reperibili), ci facciamo un altro paio di vasche in 5^Avenue, acquisti da turisti e per completare andiamo in 23^Str a vedere (l'orrendo) Flat Iron building. Che, per brutto che sia, mancava solo quello...

Ora, che dire, torniamo presto in hotel perchè abbiamo visto tutto ma proprio tutto quello che si poteva vedere, e poi domattina il programma prevede sveglia alle 5 per una partenza rapida. Da qui in avanti, non so quanto spesso troverò una connessione per postare aggiornamenti: il mio cellulare sta muorendo e vedrò di affidarmi a qualche wifi-spot, se ne trovo in giro. Quindi se non pubblico niente per un paio di giorni, non preoccupatevi. Potrei non essere morto.
E ora... si parte!

mercoledì 21 luglio 2010

Giorno 4

Sembra impossibile ma siamo arrivati al quarto giorno a NY e nessuno è stato ancora ucciso o arrestato. La sveglia viene data sempre più tardi e quando siamo abbastanza coscienti per prendere la metro sono già le 10 e mezza.
Oggi è il turno di Little Italy! Che di italiano ha ben poco dato che vedo solo filippini e americani. Ma forse gli americani pensano che i filippini sono italiani e viceversa. Comunque, qualche italiano (terrone, cosa pretendete) lo troviamo lo stesso: praticamente a ogni ristorante c'è gente che cerca di portarti dentro. Inutile tentare di spiegargli che a quest'ora antelucana per i nostri bioritmi tutto quello che va dentro ti torna anche fuori dalla stessa parte da dove è entrato.
Decidiamo di spostarci.
Ora, immaginatevi il posto più sporco, unto, putrido, maleodorante, che trasudi essenza di cadavere da ogni piastrella. Ecco, quel posto è Chinatown. E probabilmente le zaffate di merda che sentivamo ogni 2x3 erano cinesi morti in decomposizione. Attraversiamo il tutto in apnea e arriviamo a un parco con un campo da calcio. Vuoi non far vedere che sei italiano? Vuoi non metterti a giocare a pallone a Chinatown? Prendiamo un cinese (che aveva il pallone, punto interessante) e ci mettiamo a giocare nel campo. Dopo un'oretta il mio fisico dice che è ora di basta e cerchiamo di sfiatare. (Comunque, un motivo c'è se la Cina non arriva ai mondiali neanche di striscio, eh).
Bon, detto che è quasi ora di pranzo e non siamo riusciti a farci sfilettare neanche a Chinatown decidiamo di andare a vedere il Bronx. E qui, delusione: anche da qui ne usciamo integri. Anzi, i neri si dimostrano più cordiali di quanto ci si aspettasse. Non tentano neanche di rapinarci.
Visitina allo Yankee Stadium (cosa vuoi tu? 30$ per una palla da baseball??) e via che si torna a Manhattan. Ci facciamo tutta Brodway (permettetemi una foto artistica) e andiamo a vedere il Madison Square Garden.
Tra un acquisto e l'altro, si avvicina ora di cena e dopo essere passati a vedere il porto turistico sull'Hudson andiamo a concludere indegnamente questa serata.
Il primo giorno, avevamo preso tre biglietti per uno spettacolino insulso di comici dilettanti (grave errore: mai comprare niente quando a pubblicizzare per strada mettono una che supera il 6,5). Ci andiamo e... prima inculata: abbiamo sì i biglietti, ma arrivati lì scopriamo che oltre a quello ci sono due consumazioni obbligatorie. E passi noi, ma... e gli americani che SANNO quello che stanno facendo? Si vede che questo Inculata Comedy dev'essere uno spettacolo di gran richiamo. Comunque, questi comici mi lasciano alquanto perplesso. Battute scontate, ripetitive, ma basta ficcare dentro qua e là un "fucking" e gli astanti ridono come deficienti. "Blah, blah, il tempo, blah, gli italiani, blah FUCKING". E giù ridere.
Ho già detto che americani = basso QI? Nel caso, repetita juvant...

martedì 20 luglio 2010

Giorno 3

La camminata di ieri si è fatta sentire: nonostante la sveglia sia stata puntata alle 7:30, prima delle 9:30 non siamo operativi. Decidiamo di andare a prendere il traghetto per Liberty Island anche se il tempo non sembra essera proprio perfetto. A metà metropolitana però comincia a entrare gente bagnata con ombrelli al seguito. E vabbè, modifichiamo i nostri piani e cambiamo linea, per andare al Peggy Guggenheim museum.
Usciti, c'è qualcosa che non quadra: un sole che spacca le pietre. Nota mentale #1: gli americani escono con l'ombrello anche se non piove, e lo bagnano prima di uscire di casa per non sembrare stupidi.
Comunque, grazie a uno sconto studenti (yeah! vedi che serve portarsi il tesserino dell'EX università :) ) paghiamo i nostri 15$ e entriamo nella spirale di Frankie LLoyd Wright. Dopo il primo giro, cerco di informarmi per una qualche politica di rimborsi, ma non ottengo risposta. Quattro quadri di Kandinsky (i più brutti), quattro quadri di Monet (e ok) e poi... IL NULLA!!! Al P.G.Museum non c'è NIENTE!!!! Fotografie inutili, atrocemente brutte e insignificanti! Roba che se mi concentravo io mi venivano 10.000 volte meglio!!! Quando al 5^ giro di spirale trovo un muro, largo, vuoto, con la scritta "questo muro bla bla rappresenta il vuoto creativo dell'artista x che bla bla..." decido che è ora di darci un taglio: adesso tentano di spacciarmi per opera d'arte anche dove NON SANNO COSA METTERCI. Uomini, l'arte costa: vedete di spendere o beccherete pochi ingressi. Altro che muri bianchi.
Usciti, il sole è ancora meglio: decidiamo quindi di fare quello che dovevamo fare molto tempo prima: Liberty Island! Dopo una coda interminabile e TRE dico T R E controlli aeroportuali (ma i poliziotti di questi controlli sono tutti degli esaltati? Mi tirano la roba, vedono terroristi dovunque, e io non devo dire che i neri sono tutti rincoglioniti? Secondo te il mio taccuino, che dì quello che vuoi ma a te non te lo do, è una bomba?) finalmente riusciamo a mettere piede sull'isola. Spettacolo! Vista da lontano è grandina, ma da sotto è ancora meglio! C'è libero accesso fino al piedistallo più alto (la corona è chiusa perchè ci sono terroristi dappertutto) e la coda è decisamente più breve che non quella dell'empire state building (forse i 156 gradini senza ascensore hanno fatto un po' di selezione naturale). Dopo un meritato pranzo (verdura! ho trovato della verdura! 11$ però...) altro giretto e ci mettiamo in coda per il secondo traghetto. E qui, sfiga: per 10 persone 10 rimaniamo fuori dall'ultimo traghetto che porta a Ellis Island. Dobbiamo quindi prendere quello successivo che riporta direttamente a New York. Scesi, decidiamo di fare un giro per il financial district. Niente da dire, bello, ma dopo un po' i grattacieli cominciano a diventare tutti uguali. Toccata di rito alle palle del toro (foto: reuters) e andiamo a fare un giro a Ground Zero (un immenso buco pieno di pantano e i neri che ci lavorano dentro). E' ancora presto per andare a cena, decidiamo quindi di andare a fare qualche foto artistica nei giardinetti di fronte a manhattan, vicino al ponte di Brooklyn. Non male, anche se per farci fare una foto da due tizi (daniele, guarda che sono due mormoni) dopbbiamo sorbirci un quarto d'ora (daniele, guarda che poi non ti mollano più, prendi qualcun'altro) di pistolotto sul padreterno (ettelavevodetto...).
Tutto molto bello e finalmente riesco a fare quello che dovevo fare: andare con i piedi a mollo nell'oceano, nonostante l'ilarità generale degli astanti. Dopo aver rischiato di morire quelle 20-30 volte, sia per le cadute sugli scogli scivolosissssimi, sia perchè non è acqua, è merda, decidiamo di andare a mangiare al Pier 17. E per dove si va? Che discorsi: traversata notturna del Brooklyn Bridge! A metà comincio a non sentire più i piedi (come fanno quello che corrono di notte per qua??), il che mi permette di arrivare al traguardo della mia maratona: Subway, segnatevi questo nome. Il panino migliore che ho mangiato qua.

Giorno 2


Kentucky Fried Chicken. Mangiarlo è insoddisfacente. Cagarlo è un dramma.

lunedì 19 luglio 2010

Giorno 2

La mattinata è trascorsa tranquilla in Central Park. Devo dire che gli americani sono abbastanza strani: mangiano merda tutta la settimana ma la domenica mattina si sfondano di corsa. Boh.
Alla fine ci siamo trovati verso mezzogiorno vicino ad Harlem, abbiamo tentato di andare a vedere i tizi che saltano sui banchi a messa ma dopo un quarto d'ora di coda il portinaro ci fa "no more singing"... e allora cosa aspettiamo qui?
Prendiamo e andiamo sulla 5^ strada a mangiare da un ambulante (la cosa migliore che esiste a New York). E qui accade quello che non dovrebbe mai accadere.
Sfottuti.
Sfottuti da un lercio paninaro arabo americano:
"where are you from?"
"Italy"
"nice try this year in world cup, eh?"
Grazie, Lippi. Grazie Caccavaro.
MAI PIU'.
Dopo un'oretta di calci nello stomaco prendiamo e facciamo un giro immenso per la 5^ Avenue, fino a ritrovarci sul fiume accanto alle nazioni unite.
Bello bello, tentiamo di prendere la metro fino all'empire, con l'idea di fare un giro lì vicino e far passare l'ora fino al tramonto. Sbagliamo pero' fermata e ci ritroviamo al... ponte di Brooklin!
Approfittiamo della deviazione e ci becchiamo anche il municipio di NY e facciamo la traversata del ponte a piedi.
Arrivati dall'altra parte prendiamo la metro e torniamo all'empire. Un'ora di coda ma... ne vale la pena! Riusciamo a vederci NY sia con la luce che con il buio.
Dopo questa, decidiamo che è ora di trovare qualcosa di commestibile (un Burger King in questo caso) e qui sorvolerò sul mio pistolotto sull mancia. Posso solo sintetizzarlo come "Perchè mi segni la mancia sullo scontrino e quindi obbligatoria quando invece sarei molto favorevole a non darti un bel niente brutta merda che non sei altro?"

domenica 18 luglio 2010

Giorno 2


Questo non è il mare. E' un LAGHETTO dentro Central Park.
Credo di non aver camminato cosi' tanto neanche quella volta che abbiamo cercato di fare un sabbiadoro-mirò a piedi...

Giorno 1


Mettiamo anche una foto normale, sennò sembra che non abbiamo fatto un cazzo. We're here!

Giorno 1 (reprise):


Una vecchia vergognosamente orrenda, vergognosamente nuda, vergognosamente nel mezzo di Times Square. New York è tutta qui.

Giorno 1


Siamo atterrati. Prendiamo un taxi abusivo di un cubano che ci porta all'hotel, ed ecco la magnifica vista di fronte: macchine bruciate, negri incazzati e le ciminiere della nuova Auschwitz. Il panorama da solo vale il prezzo del biglietto!

martedì 13 luglio 2010

sabato 10 luglio 2010

7 days to go!

Fra 7 giorni, la partenza. Sono pronto?
No. Manca metà della roba.
Il percorso è stato ridisegnato per la 28^ volta ieri sera.
Un gatto nero mi ha attraversato la strada.
Comincia bene, direi...